Onorevoli Colleghi! - La decisione dell'ONU di promuovere nel 2002 l'Anno delle Montagne aveva suscitato una più attenta sensibilità dell'opinione pubblica e di quella politica verso le zone di altura, che coprono, come è noto, oltre il 50 per cento del territorio nazionale. A questa più estesa percezione del ruolo e dei problemi delle zone montane ha corrisposto l'accrescersi di una nuova visione culturale delle politiche di intervento sulla base del concetto distintivo di «montanità», intesa come protagonismo del territorio, delle comunità locali insediate, dei caratteri e dei valori, che stagliano un profilo della identità montana; meritevole di un'azione politica, culturale, sociale e istituzionale di approccio globale ed emergente. Ciò si era colto nel medesimo anno 2002, segnato da un lungo dibattito che aveva visto presenti attori ricchi di iniziativa, le comunità di montagna, dal quale era scaturita la consapevolezza che ha coinvolto il mondo della scienza, della cultura, delle istituzioni di ogni livello.
      Il fattore prevalente, portato al centro del dibattito, era stata la stringente connessione - non solo fisica naturale, ma anche

 

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produttiva - che lega la realtà montana alla sostenibilità dello sviluppo generale del «resto» del Paese e del suo stare nell'Europa, impegnata oggi verso l'allargamento ad altri Paesi, nei quali la presenza dei territori montani è sicuramente significativa. Si è presa così coscienza di quanto la questione montana assurga a sicuro e rilevante interesse nazionale, come già indicato dalla legge n. 97 del 1994, recante «Nuove disposizioni per le zone montane».
      La inadeguata applicazione di quella normativa, la modesta dimensione delle risorse impegnate e l'evolversi della problematica delle montagne, suggeriscono e sollecitano un provvedimento legislativo di ampio respiro, entro i chiari confini delle potestà statali, oggi rideterminate, rispetto ai più larghi poteri delle regioni e delle comunità locali, dal nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione.
      Proprio muovendo dall'esigenza di delimitare il mutato crinale delle potestà legislative tra le regioni e lo Stato, la presente proposta di legge identifica gli ambiti costituzionalmente riservati allo Stato, in forza dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, e formula princìpi per la legislazione concorrente riservata alle regioni, ai sensi della disposizione del terzo comma dello stesso articolo.
      La proposta di legge reca anche una scelta che consente di affrontare positivamente la questione della «sostenibilità istituzionale», quella di poter disporre - in una corretta visione autonomista e federalista - di un governo montano il quale, per rappresentatività ed autorevolezza, permetta di valorizzare le grandi risorse umane, comunitarie, ambientali, sociali e professionali; realizzando di propria iniziativa le condizioni e la programmazione dello sviluppo dei territori montani su scale sufficienti a una efficace progettazione e concretizzazione.
      La scelta sottoposta alla valutazione della Camera dei deputati trae esplicito fondamento da una lettura sistemica e sostanziale della normativa costituzionale, in particolare dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), che stabilisce, a garanzia del principio dell'articolo 5 sulle autonomie locali, la potestà legislativa statale nelle materie, rilevanti ma puntuali, della legislazione elettorale, degli organi di governo e delle funzioni fondamentali dei comuni. L'abrogazione dell'articolo 128 della Costituzione, disposta dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, ha identificato nella legge statale i compiti e gli oggetti indicati, che esprimano, per logica e indispensabile espansione aggregativa e associativa dei comuni di minore dimensione, un preciso orientamento del legislatore statale per dare applicazione concreta ai princìpi di adeguatezza e di differenziazione, che sono congiunti al principio di sussidiarietà, secondo le indicazioni dell'articolo 118, che riguarda l'organizzazione amministrativa e la nuova attribuzione delle funzioni, a cominciare da quelle di spettanza dei comuni. Infatti, proprio per essere posti nella condizione organizzativa di poter esercitare le funzioni fondamentali e le altre amministrative, nella maniera più efficace, che devono essere incardinate sui comuni, è urgente e indispensabile valorizzare uno dei momenti più importanti di espressione dell'autonomia dei piccoli comuni montani, che si identifica nell'ente locale comunità montana, appunto oggi identificato in una unione di comuni montani. Sui complessivi 8.100 comuni italiani, sono classificati montani circa 4.200, dei quali 3.300 al di sotto dei 3 mila abitanti e 900 tra i 3 mila e i 5 mila abitanti.
      Sulla base di tale puntuale lettura della innovativa normativa costituzionale, la proposta di legge prevede un consolidamento dello stretto legame che deve intercorrere tra i comuni, anche quelli di minore dimensione, e le comunità montane, il cui presidente può essere eletto direttamente e contestualmente da tutti i consiglieri dei comuni facenti parte della comunità montana. L'assemblea di questa, secondo la proposta di legge qui avanzata, sarà formata oltre che dal sindaco in carica anche da un rappresentante della maggioranza e da un rappresentante della minoranza di ciascun consiglio comunale. Le modalità più specifiche di formazione degli organi sono affidate all'autonomia
 

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statutaria comunitaria, che è alla base dei molteplici profili di responsabilità della comunità montana, necessari affinché essa possa agire con efficacia nell'interesse dei comuni che la «costituiscono».
      Nella prima parte del progetto legislativo vengono richiamate le finalità, che hanno un diretto riscontro nella struttura contenutistica dei princìpi costituzionali, che devono orientare la Repubblica, intesa in tutte le sue costitutive articolazioni, verso una efficace e solidale politica a sostegno delle zone montane, in coerente ed efficace applicazione del principio costituzionale, dettato dall'articolo 44, a favore delle aree montane, mediante una specialità di interventi.
      Nella seconda parte del provvedimento proposto vengono identificate le misure, rientranti nelle competenze statali, sia pure, riferite in misura cospicua all'attuale sistema tributario e fiscale erariale, affinché siano adottati criteri di diretto sostegno alla residenzialità, alla protezione ambientale, allo sviluppo sostenibile, alla difesa del territorio e del suolo, che assumono una importanza decisiva anche per la vivibilità delle aree di pianura e urbane.
      Tra le diverse misure di sostegno, va segnalato il Fondo nazionale per la montagna, già istituito dalla ricordata legge n. 97 del 1994, di cui si propone un consistente incremento, attraverso il conferimento anche di quote di canoni e di tariffe derivanti da risorse idriche e da fonti energetiche provenienti dalle zone montane, nonché dagli oneri per i territori montani connessi con la realizzazione di nuove grandi opere pubbliche e infrastrutture e dagli oneri, sempre per i territori montani, derivanti dal sistema viario dei trasporti. Le quote riguardanti le fonti energetiche e le risorse idriche da conferire al Fondo nazionale sono preordinate al riconoscimento, in termini economico-finanziari, della funzione di preminente interesse nazionale che rivestono le zone montane e la loro salvaguardia e valorizzazione.
 

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